“Ho ucciso l’angelo del focolare. È stata legittima difesa”.
Virginia Woolf
Imparare a dire “NO”,
stabilire i giusti confini senza sensi di colpa,
è un esercizio difficile e coraggioso per persone sottomesse
che si aspettano inconsciamente di essere punite per ogni trasgressione.
“Se non ammetti di fronte a te stesso il tuo desiderio, allora non seguirai te stesso, ma strade estranee che altri hanno tracciato per te. Così non vivi la tua vita, ma una vita estranea. Ma chi altri deve vivere la tua vita, se non tu stesso?»
Carl Gustav Jung
Alcune persone hanno un bisogno masochistico di sacrificarsi,
danno amore o quello che credono sia amore,
senza chiedere amore per se stesse.
Si puniscono ad esempio rimanendo tutta la vita
accanto a un partner privo di riguardi e di rispetto,
senza riuscire a comprendere il motivo interiore di questa scelta.
“Saper dire di no alle persone è bellissimo, fa parte del risveglio. Fa parte del risveglio vivere la propria vita come si ritiene opportuno, E ricordate: questo NON è egoismo. Quel che è egoista è pretendere che qualcun altro viva la propria vita come voi ritenete opportuno. Questo si che è egoismo. Non è da egoisti vivere la propria vita come si ritiene opportuno.”
Anthony De Mello
Arriva però il momento di iniziare a vivere in prima persona.
E’ una sana abitudine quella di proteggersi e tenere a distanza
quelle personalità di cui subiamo l’influenza negativa,
le persone che cercano di limitare la nostra libertà
e annullare la nostra positività.
L’autostima passa dalla fiducia nelle nostre capacità,
quando riusciamo a passare all’azione
e a vivere nel modo che riteniamo più giusto per noi,
percorrendo la lunga strada della conoscenza,
della responsabilità e del rispetto verso noi stessi.
“E’ solo quando tentiamo di controllare e dominare qualcuno che siamo egoisti. Però il mondo prova a dirci che l’egoismo è seguire i nostri veri desideri; questo è perché il mondo vuole farci schiavi, poiché è veramente solo quando possiamo renderci conto del nostro vero essere e restare liberi che possiamo essere utilizzati per il beneficio dell’umanità”.
E’ il rimedio per il senso di colpa, per chi si addossa la colpa di terribili errori.
Le persone in stato Pine a volte, anche se un errore è commesso da altri, arrivano ad attribuirsene la responsabilità o chiedono sempre scusa di tutto. Qualche volta possono addirittura arrivare a sentirsi in colpa per il solo fatto di vivere. Le persone Pine cercano di reprimere questo loro stato emotivo tenendolo segreto: dentro di loro il senso di colpa cresce a dismisura diventando estremamente distruttivo.
Pine aiuta a liberarsi dal peso causato dal senso di colpa, a saper valutare realisticamente e ad accettare in modo più equilibrato le proprie responsabilità considerando che anche gli altri sbagliano.
“Per coloro che si biasimano. Anche quando hanno successo pensano che avrebbero potuto fare meglio e non sono mai soddisfatti dei propri sforzi né dei risultati ottenuti. Lavorano duramente e soffrono molto degli sbagli che essi si attribuiscono. A volte si prendono persino la responsabilità di errori commessi da altri.”
Edward Bach
“La realtà c’è, ma nella sua testa va via, perché lei se lo lascia alle spalle e ricomincia una nuova giornata, come niente fosse. E’ questa la cosa più grave. Come niente fosse, credo sia la cosa più violenta che si possa mettere in scena.”
Paola Cortellesi – C’è ancora domani
“Mi chiamo Valentina e credo nell’amore.”
Paola Cortellesi e Claudio Santamaria Monologo “Violenza sulle donne”
“Atalanta è il perfetto mito dell’amore patriarcale, che insegna che l’amore vuol dire per una donna rinunciare a sé per compiacere qualcun altro, prendersene cura, accudirlo, sostenere la sua intelligenza anche a scapito della propria.”
Sabrina Frasca
“L’eccessiva condivisione è il modo in cui si perde l’energia.
La privacy è protezione. ”
MonolituM
“Ho ucciso l’angelo del focolare. È stata legittima difesa.
Mi accorsi che se volevo recensire dei libri, dovevo combattere contro un certo fantasma. E il fantasma era una donna, e quando imparai a conoscerla meglio la chiamai come la protagonista di una famosa poesia, la chiamai l’Angelo del focolare. Era lei che quando scrivevo una recensione si metteva in mezzo tra me e il mio foglio. Era lei che mi angustiava e mi faceva perdere tempo e mi tormentava a tal punto che alla fine la uccisi. Voi che appartenete a una generazione più giovane e più felice forse non capite che cosa intendo per Angelo del focolare. Proverò a descrivervela il più brevemente possibile. Era infinitamente comprensiva. Era estremamente accattivante. Era assolutamente altruista. Eccedeva nelle difficili arti del vivere familiare. Si sacrificava quotidianamente. Se c’era il pollo, lei prendeva l’ala; se c’era uno spiffero, ci si sedeva davanti lei; insomma era fatta in modo da non avere mai un pensiero, mai un desiderio per sé, ma preferiva sempre capire e compatire i pensieri e i desideri degli altri. E soprattutto(non occorre dirlo) era pudica. Il pudore era ritenuto la sua bellezza più grande, i suoi rossori il suo più bell’ornamento.
A quei tempi (gli ultimi della Regina Vittoria) ogni focolare aveva il suo Angelo. E quando incominciai a scrivere me la trovai davanti alle prime parole. L’ombra delle sue ali cadevano sulla mia pagina; sentivo nella stanza il fruscio delle sue gonne. Non appena presi in mano la penna per recensire il romanzo di quell’uomo famoso, insomma, lei mi scivolò alle spalle sussurrandomi:« Mia cara, sei una ragazza giovane. Stai scrivendo di un libro che è stato scritto da un uomo. Sii comprensiva; sii tenera, lusinga, inganna, usa tutte le arti e le astuzie del nostro sesso. Non far mai capire che sai pensare con la tua testa. E soprattutto, sii pudica». E fece come per guidare la mia penna. Ora voglio registrare l’unico gesto per cui mi assumo qualche credito, anche se di diritto il credito va dato a certi miei ottimi antenati che mi lasciarono una certa somma di denaro (facciamo cinquecento sterline l’anno?), sicché non mi trovavo nella necessità di dipendere esclusivamente dalle mie grazie per sopravvivere. Mi voltai e l’afferrai per la gola. Feci del mio meglio per ucciderla.
La mia giustificazione, se mi avesse trascinata in tribunale, sarebbe stata che avevo agito per legittima difesa. Non l’avessi uccisa, lei avrebbe ucciso me. Avrebbe succhiato la vita dai miei scritti. Perché, e me ne resi conto subito appena impugnata la penna, non si può recensire neppure un romanzo senza pensare con la propria testa, senza esprimere quella che secondo noi è la verità sui rapporti umani, sulla morale, sul sesso. E di tutti questi problemi, secondo l’Angelo del focolare, le donne non devono parlare liberamente e apertamente; le donne devono ammaliare, devono conciliare, devono, per dirla brutalmente, dire bugie se vogliono avere successo. Perciò, ogni volta che avvertivo l’ombra della sua ala sulla pagina, o la luce della sua aureola, afferravo il calamaio e glielo scagliavo contro.
Ce ne volle per farla morire. La sua natura fantastica le dava un vantaggio. È molto più difficile uccidere un fantasma che una realtà. Credevo di averla liquidata e invece eccola li di nuovo. Benché mi lusinghi di averla uccisa infine, fu una lotta durissima; che richiese del tempo che sarebbe stato più utilmente impiegato a imparare la grammatica greca; o a girare il mondo in cerca di avventure. Ma fu una vera esperienza; un’esperienza che doveva toccare a tutte le donne scrittrici a quell’epoca. Uccidere l’angelo del focolare faceva parte del mestiere di scrittrice.”
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