Cosa possiamo dare ai nostri figli? C’è chi dice il denaro, chi l’educazione, chi una posizione sicura, chi la possibilità di vedere il mondo. Io penso che l’unico dono veramente importante che ciascuno di noi può fare a suo figlio è di credere in lui.
Credergli quando piange nella culla segnalando un suo malessere, un suo sconforto e prenderlo tra le nostre braccia per fargli sentire il nostro calore.
Credergli quando, barcollando come un gozzo sballottato dalle onde, muove i primi passi da solo verso di noi e accoglierlo con le mani allungate, ripetendogli “Ti aspetto, stai arrivando”.
Credergli quando allontana il cucchiaio pieno di pappa e dice “basta”, accettando che sia il suo stomaco a decidere quanto vuole mangiare e non la nostra ansia di madri inutilmente apprensive.
Credergli quando, nascosto dietro la porta di uno sgabuzzino buio, rifiuta di rispondere ai nostri richiami e, parlando con un amico immaginario che vede soltanto lui, gli confida sottovoce: “Questa volta la mamma è stata veramente ingiusta, non doveva ferirmi così”.
Credergli quando sta mentendo e capire che le sue bugie nascondono una profonda insicurezza, la paura di iniziare la sua strada, così diversa dalla nostra, la paura di non essere più amato se fa quel gesto che potrebbe ferirci.
Credergli quando, rannicchiato sotto le coperte, finge di avere la febbre perché proprio non ce la fa ad andare a scuola e, mandando a monte tutti i nostri impegni, regalargli un giorno folle di lunapark, creazioni culinarie, gelati, corse nei giardini dove lo portavamo da piccolissimo in carrozzina e così, complici in barba a tutti, ridare a lui e a noi stessi la forza per continuare a fare il nostro lavoro.
Credergli quando, a soltanto otto anni, dichiara di essere follemente innamorato e non permetterci mai, ma proprio mai, di ferire la sua anima prendendolo in giro, rischiando così di uccidere per sempre questo stupendo sentimento che sta nascendo in lui.
Credergli quando ci aggredisce con le parole, o si chiude in camera da solo in preda ad un mutismo cupo e non pensare che è in collera con noi, ma soltanto con le nostre immagini dentro lui, immagini dalle quali sta cercando di svincolarsi per capire lui chi è.
Credergli quando non fa niente da mattina a sera e, invece di punzecchiarlo in continuazione con la minaccia di una futura bocciatura, permettergli di andare in fondo al burrone, ripetendogli sempre e soltanto: “so che ce la farai”.
Credergli quando ci dice che ha paura e, invece di spingerlo a tuffarsi quando non è pronto, raccontargli di quante volte anche noi abbiamo avuto paura e stringergli la mano con forza, trasmettendogli così tutto il coraggio necessario per lanciarsi.
Credergli quando lo vediamo fare esperimenti pericolosi, che gli minano la salute e il desiderio di vivere, ricordandoci quando noi ci comportavamo come lui, consapevoli del fatto che soltanto chi ha visto il peggio di sé stesso può poi dare al mondo la luce che è in lui.
Credergli quando al momento di lasciare casa per trascorrere la sua vita in altre case ci dice: “Non venire all’aeroporto, voglio andarci da solo con la mia fidanzata”: capire che non ci sta mettendo da parte ma che ci ama troppo e vedendo le lacrime riempire i nostri occhi potrebbe perdere il coraggio di cui ha bisogno per staccarsi da noi.
I nostri figli sono diversi da noi, noi non possiamo sapere quale sarà la loro strada, ma loro sì.
Più noi crediamo in loro, più loro crederanno in sé stessi, più facilmente la troveranno e saranno felici.
Ilaria Rattazzi – I bambini dagli occhi di sole
There are 3 comments.
Anch’io non sono mamma purtroppo, ma, mi sono rivista in quel bambino e riconfermo quello che penso. Che essere dei buoni genitori, e’ il lavoro più difficile del Mondo!!
Non sono Mamma, per cui forse non potrei capire ma, immedesimandomi, mi sembrano sante verità. Brava Maddi !
Quanta Verità!!!