“Spesso la solitudine nasce dal fatto che abbiamo perso contatto con alcune parti di noi stessi.”
Diane Ackerman
La desolazione nell’adulto prende il modello dalla desolazione che il neonato sperimenta nella prima settimana della sua vita extrauterina.
Il neonato che si separa dalla madre dopo il parto perde improvvisamente tutto il suo mondo.
Perde il sostegno che gli dava il liquido amniotico e sente per la prima volta la gravità, la temperatura esterna più fredda e i dolori provocati dal parto.
Nei primi due mesi di vita il neonato sperimenta due tendenze: un processo di lutto di fronte alla perdita della madre ombelicale e un nuovo processo di adattamento al nuovo mondo, dove solo il contatto e le coccole della madre potranno confortarlo e avvicinarlo il più possibile alle sensazioni che provava nell’utero.
“Quando c’è una persona che non conosci e che è in difficoltà puoi fare due cose: essere indifferente o incontrarla e dire che la sostieni.”
Carlo Marras
A volte durante la vita adulta sperimentiamo l’emozione della desolazione, che chiamiamo solitamente “solitudine”, ma che non è collegata allo stare fisicamente soli.
Essere desolato non significa semplicemente sentirsi solo, ma stare solo e sentirsi abbandonato rispetto a qualcuno in particolare,
a qualcuno che ha “ritirato lo sguardo” da noi.
“La desolazione, nel momento peggiore, porta alla disperazione. L’esistenza del proverbio che dice che “chi spera dispera” indica che la speranza, se si prolunga, mina la fiducia.”
Louis Chiozza
La desolazione è il prodotto di una speranza che ha perso la sua fiducia.
Per uscire dalla desolazione dobbiamo farci carico della nostra vita, invece di aspettare che il futuro ci porti magicamente ciò che desideriamo, e liberarci dal malinteso che gli esseri amati ci abbiano abbandonato.
“E’ necessario non confondere la responsabilità con la desolazione, come capita quando pronunciamo la famosa frase “devo arrangiarmi da solo”. In realtà non siamo soli, il nostro ambiente è pieno di esseri che hanno bisogno di noi, che ci aiutano, o che semplicemente ci amano per il solo piacere di farlo.”
Louis Chiozza
Quando sentiamo estranee le persone amate e ci sentiamo abbandonati, vale la pena di ricordare che non siamo neonati. Anche se difficile è sempre possibile distribuire tra diverse persone una parte della significanza che hanno per noi quelli per cui viviamo e soprattutto la prima persona che dobbiamo amare e di cui ci dobbiamo prendere cura siamo noi stessi.
Per uscire dalla desolazione abbiamo bisogno di ascoltare i nostri bisogni e anche se non riusciremo a soddisfarli tutti potremo diventare la persona di cui avevamo bisogno da bambini, quando avevamo bisogno di esistere nel cuore e nella mente di qualcuno.
“Aiutati, che il ciel ti aiuta!”
Tutte le volte che dobbiamo reprimere qualche ferita o qualche emozione, perché non ha incontrato un riconoscimento possiamo dire al nostro bambino interiore:
“Io ci sono e non me ne andrò, non ti lascio più, ti porto con me, stiamo insieme. Potremo anche separarci in alcuni momenti ma non ci perderemo.”
Dobbiamo semplicemente sentire dove ci portano i nostri bisogni, perché ci guideranno verso ciò che è buono per noi.
There are no comments.